La SEO serve a posizionare determinati contenuti e a farli emergere rispetto ad altri presenti in siti internet concorrenti.
Sicuramente coloro che praticano le tecniche desiderano farlo nel modo migliore possibile, ma esistono anche dei sistemi, detti di Black Hat SEO, che sarebbero vietati e che bisognerebbe davvero centellinare, per evitare di subire una penalizzazione.
Conoscere anche questo tipo di sistemi potrebbe, comunque, risultare utile in alcuni casi e per brevissimi periodi. Vediamo, quindi di approfondire.
Che cos’è il Black Hat SEO?
Con l’espressione Black Hat SEO, letteralmente “Cappello nero”, si intende il riferimento a tutte quelle tecniche che vengono utilizzare per migliorare il posizionamento di un determinato sito, ma che sono vietate dai motori di ricerca.
L’espressione Black Hat SEO è stata utilizzata perché richiama il cappello che i cattivi dei film western indossavano, in contrapposizione rispetto al cappello bianco che veniva indossato da coloro che rispettavano, e facevano rispettare, la legge.
Queste tecniche sono vantaggiose nel brevissimo periodo, in quanto consentono di raggiungere il risultato sperato spesso in modo immediato, ma hanno un lato molto negativo: nel momento in cui il motore di ricerca si accorga dell’applicazione del “trucco” potrà penalizzare il sito, declassandolo notevolmente a livello di ranking, o addirittura arrivando al ban.
Così, si può dire come le tecniche di blackhat SEO potranno essere utilizzate di rado, e solo nel caso in cui il rischio valga la pena di essere corso. Mentre nel caso in cui si voglia costruire un progetto organico e a lungo termine, bisognerebbe evitarle.
Quali sono le tecniche del Black Hat SEO?
Le tecniche sono di diverso tipo, a seconda dell’ambito nel quale si andranno ad applicare.
Qui se ne possono vedere alcune:
- La tecnica del Link farm
È una tecnica che consiste nella realizzazione di forme di link building particolarmente aggressive e “spinte”. Si realizzeranno dei backlink automatici che porteranno l’utente verso un altro sito, questo allo scopo di andare a manipolare la link popularity.
- La tecnica del Keyword Stuffing
Questa è stata indicata di recente tra le tecniche di black hat SEO, in quanto un tempo era abbastanza utilizzata “alla luce del sole”. Consiste, infatti, nella ripetizione ossessiva e prolungata delle parole chiave sulle quale si basi un determinato articolo o un sito internet.
Tuttavia, diventa vero e proprio SEO black Hat nel momento in cui le parole chiave siano nascoste, ad esempio all’interno del codice del sito oppure siano state scritte nello stesso colore dello sfondo del sito stesso.
- La tecnica delle doorway pages
In questo caso, per mettere in pratica questa tecnica si creano delle pagine piene di parole chiave, in modo da andare ad “ingannare” il motore di ricerca.
In tanti casi tali pagine si occupano di mostrare agli utenti un link diretto alle vere pagine del sito che potrebbe interessarli.
- La tecnica dello swapping
Questa tecnica ormai non viene quasi più utilizzata, e consiste nella creazione originaria di una pagina che contiene molte parole chiave per potersi posizionare correttamente nei motori di ricerca.
Successivamente, questa pagina viene sostituita da quella reale del sito che, all’origine, avrà spinto i suoi creatori ad utilizzare tale tecnica.
- La tecnica del pingback spam
Con questa tecnica si utilizza un programma che effettui dei ping frequenti all’interno delle pagine che si vorranno promuovere. L’obiettivo è far “credere” al motore di ricerca che la pagina sia molto visitata, in modo da farla salire nei risultati di ricerca.